Sabato 28 settembre, D’Orazio Cosmo (membro della Progetto Running) ha intervistato dal vivo Giulio Di Sanzo, autore dell’impresa sul Cammino della Pace. Questo percorso, ideato da Luciano Caramanico, padre di Alessandra, attuale moglie di Giulio, è legato alla tragica esperienza del terremoto di L’Aquila nell’aprile 2009, dal quale Alessandra è riuscita a salvarsi. Il Cammino della Pace si estende per oltre 520 km, partendo da L’Aquila e giungendo a Monte Sant’Angelo, nel Gargano. Nella notte del 24 agosto, Giulio Di Sanzo ha intrapreso i primi 130 km di questo tracciato, partendo da L’Aquila e arrivando a Guardiagrele, la sua città di residenza, verso le 20:15
Come hai iniziato a praticare sport e qual è stato il tuo primo approccio al mondo dell’attività fisica?
Il primo sport che ho praticato da ragazzo è stato lo sci di fondo, che ho fatto per una decina d’anni. Poi, a causa degli spostamenti, ho dovuto lasciarlo un po’ da parte perché non c’erano i tempi tecnici per farlo bene. Ho partecipato anche ai campionati giovanili, ottenendo buoni risultati, soprattutto considerando che, essendo del Sud, gareggiavo con atleti del Nord, che sono più attrezzati e hanno maggiore esperienza in questo sport.
Gradualmente, mi sono avvicinato alla corsa, ho iniziato anche a praticare ciclismo, ma ho dovuto interrompere temporaneamente le attività sportive per questioni di studio e lavoro. Mi sono trasferito lontano dal mio paese d’origine a 18 anni per lavoro, e nei primi cinque anni ero spesso in cantiere, spostandomi da un posto all’altro, il che non mi lasciava molto tempo per allenarmi.
Quando mi sono stabilito qui in Abruzzo, a Guardiagrele, ho trovato una maggiore stabilità lavorativa e ho avuto più tempo per dedicarmi allo sport. Mi sono iscritto in palestra e, piano piano, ho iniziato a correre. Attraverso la palestra Maja Fitness Wellness di Guardiagrele ho iniziato a partecipare alle Spartan Race e da lì ho perfezionato il Trail Running. Ho scoperto che mi piaceva di più praticare sport in natura, quindi mi sono dedicato al Trail piuttosto che alla corsa su strada. Successivamente, mi sono appassionato anche alla mountain bike e, con la società Maiella Triathlon, ho iniziato a praticare il cross-triathlon, partecipando a qualche evento Xterra.
Tuttavia, con la chiusura della piscina di Guardiagrele a causa del Covid, ho deciso di mettere da parte il triathlon e di concentrarmi esclusivamente sul Trail Running.
“La tua carriera agonistica è interessante perché molti atleti, con il passare degli anni, tendono a preferire le lunghe distanze rispetto alle gare più brevi. Nella lunga distanza, infatti, prevalgono non solo la resistenza fisica, ma soprattutto la resilienza mentale. Non si corre più solo con le gambe, ma anche con il cervello”
Sì, con l’età si cercano sempre nuovi stimoli, che spesso si traducono in sfide personali più grandi. Ho iniziato con le gare da 20 km, poi sono passato alle 50 km, e quest’anno affronterò distanze dagli 80 km in su. Come hai detto, nelle lunghe distanze, oltre alla preparazione fisica, il fattore principale diventa quello mentale. Arrivi a un punto in cui è la mente a costringerti ad andare avanti, anche quando il corpo è al collasso.
Mi potresti parlare del Cammino della Pace?
Era un progetto che avevo in mente da molto tempo. Mio suocero, il padre di mia moglie, ha realizzato il Cammino della Pace dopo il terremoto dell’Aquila, dal quale lei si è salvata per miracolo. Questo cammino è una sorta di percorso simile al Cammino di Santiago, e va dall’Aquila fino a Monte Sant’Angelo, sul promontorio del Gargano. Cercavo una sfida personale per mettermi alla prova e ho deciso di affrontare proprio il primo tratto del Cammino della Pace, partendo da L’Aquila, dove tutto è iniziato, fino al paese in cui io e mia moglie risiediamo.
Mentre ti preparavi per la tua grande sfida, hai avuto qualche figura di riferimento che ti ha ispirato?
Non ho avuto atleti specifici come fonte d’ispirazione, ma sicuramente mia moglie e i miei amici sono stati un grande supporto. Mi piace davvero praticare questo sport e, personalmente, non avevo un obiettivo di tempo, ma solo quello di portare a termine la sfida. È stata un’impresa molto autonoma, poiché non ho cercato sponsor. Tuttavia, per la prossima stagione vedremo cosa ne uscirà!
La preparazione com’è stata?
La preparazione a livello nutrizionale è stata seguita da anni dal Dott. Mattia Fragassi, che mi ha dato un grande supporto. Anche il Dott. Lino Marsibilio, esperto in fisioterapia, è stato fondamentale, specialmente all’inizio della stagione, quando ho avuto qualche dolore fisico. Grazie alla sua esperienza, sono riuscito a prepararmi adeguatamente per questo evento.
Per quanto riguarda il supporto di una squadra, non ho avuto un vero e proprio team, ma ho chiesto a due amici con cui mi alleno spesso di accompagnarmi solo nell’ultimo tratto, quello con il maggiore dislivello, che partiva dall’Eremo di Santo Spirito e arrivava fino al Blockhaus, a 2.145 metri, per poi scendere a Bocca di Valle. Essendo un’area poco raggiungibile con mezzi di trasporto, avere qualcuno pronto ad aiutarmi in caso di problemi fisici era importante. Per il resto, ho affrontato tutto in solitaria. Mia moglie e mio suocero avevano stabilito dei punti di ristoro a orari specifici per rifornirci e procedere insieme
Nei momenti più difficili del percorso, cosa ti ha spinto ad andare avanti?
Nei momenti più difficili, ciò che mi spingeva ad andare avanti era l’idea di come è nato questo cammino e a chi è dedicato. Pensavo a mia moglie, a mio suocero e alla mia famiglia, che erano venuti per sostenermi in questa sfida, così come a tutte le persone che mi sono state vicine ancor prima che creassi questo evento. Questi pensieri sono state le mie armi che mi hanno permesso di completare il percorso!
Cosa ti ha lasciato emotivamente questa esperienza?
Questa esperienza mi ha lasciato bellissimi ricordi. È stato un viaggio significativo che mi ha fatto comprendere i miei limiti e dove posso ancora spingermi, nonostante il dolore. Ho imparato come comportarmi in certe situazioni, perché ci sono stati momenti in cui il mio corpo è stato messo a dura prova. In conclusione, mi ha insegnato come affrontare questi percorsi a lungo distanza.
“Osservando gli articoli relativi alla tua impresa, ho notato spesso lo slogan “OLTRE – Supera i tuoi Limiti”. Quello che mi ha colpito è che si tratta di una frase con un significato diverso rispetto alla classica espressione “No Limits”. A mio parere, la filosofia del “No Limits” è spesso abusata, poiché l’essere umano ha naturalmente dei limiti. Illudersi di essere onnipotenti è deleterio; i limiti esistono e si cresce solo confrontandosi con essi. Quando mettiamo alla prova i nostri limiti, aumentiamo la nostra esperienza del mondo, apprendiamo e cresciamo.”
Esattamente, il titolo “OLTRE – Supera i tuoi Limiti” è stato concepito proprio perché non avevo mai corso più di 60 km nei trail. Superare quel mio limite, che poteva anche significare arrivare a 65 km, era comunque un passo avanti. Inoltre, in vista della prossima stagione, in cui intendo affrontare gare più lunghe, ho deciso di mettermi subito alla prova su questo tracciato. Volevo scoprire realmente se ci fosse un potenziale interessante da esplorare o in cosa potessi migliorare per affrontare queste sfide.
Mi hai detto che in passato hai praticato lo sci di fondo e hai partecipato anche a gare nel Nord Italia. Parlando con atleti residenti in Abruzzo, mi hanno raccontato che quando loro andavano a correre fuori regione, al Nord, spesso ricevono degli ‘schiaffi morali’. Questo perché lì sembrano avere una concezione dello sport ben diversa. Persone comuni partecipano a trail e ultra nelle Alpi e, pur senza ricevere grosse ricompense sia a livello sociale che economico, spingono al massimo i propri limiti. Concludono la gara esauste, ma felici, perché volevano testare se stesse. Anche se magari non raggiungono il tempo che si aspettavano, grazie a quella prova di forza si sentono ‘capaci’ di ottenere grandi risultati anche per l’anno successivo.
Quando pratichi queste discipline, c’è anche una certa attrattiva nella sofferenza. Devi sempre mettere in conto che, ad un certo punto della gara, le gambe inizieranno a fare male e poi tutto il corpo seguirà. Nonostante la fatica che si accumula su di te, ogni chilometro che percorri, continui ad andare avanti perché è una sofferenza che hai scelto tu. Stai lottando per raggiungere un traguardo e sei consapevole che questo richiederà molti sacrifici
Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
Il prossimo anno tornerò a Cortina per la Lavaredo, affrontando la distanza lunga. Ho anche in programma l’Ultra Trail Chianti Castles e sto valutando la Vesuvio Ultra Marathon, che però coincide in parte con Cortina. Inoltre, ci sono altri progetti legati alle mie sfide personali, ma preferisco non rivelarli subito.
Qui sotto troverete il video realizzato dal mitico Mario Bomba!
Chi ha scritto l’articolo
“Sono Cosmo D’Orazio, membro della Progetto Running e appassionato di sport e comunicazione. Oltre a correre e partecipare a gare, mi occupo di raccontare storie di atleti che condividono la mia passione.”